mercoledì 29 luglio 2015

Ai blocchi di partenza Attraverso la luce del tempo

Da un po' di tempo chi mi conosce e chi si aggira per questo blog, ha sentito parlare di Bologna e di design.
Finalmente può calare anche l'ultimo alone di mistero attorno a tutte queste notizie.
L'incontro e l'unione di più professionisti, spinti dalla passione e dalla tenacia ha dato vita ad una esposizione di giovani designer che si terrà durante la Bologna Design Week, evento di cui abbiamo già parlato nel blog.

Questo progetto infatti mi vedrà partecipe, insieme ad altri professionisti, con il ruolo di responsabile della comunicazione. Inoltre questo blog è stato scelto come blog partner dell'evento.

Ora non ci resta che partire per scoprire questo percorso di design 
Attraverso la luce del tempo!

E lo facciamo partendo con la news rilasciata nella giornata odierna!

Il logo ufficiale dell'evento
Attraverso la luce del tempo
Giovani designer italiani e stranieri all’ex Atelier Corradi

Evento promosso dalla Bologna Design Week


Luogo 
Bologna, Atelier Cavallo Spose (ex Atelier Corradi) 
via Rizzoli, 7 . Bologna . Italy

Data
30 settembre – 03 ottobre 2015

Info e contatti
Mail lorenazuniga@fastwebnet.it
Facebook Attraverso la luce del tempo  
Blog partner gdltrace
Hashtag ufficiali  #bolognadesignweek #bdw2015 #exCorradi

Curatrice
Lorena Zuniga architetto . Bologna 

Team di progetto
Organizzazione, relazioni ed eventi - Fernando Neri . Porretta Terme BO

Video e progetto grafico - Antonio Peruzzi . Bologna
Fotografia e progetto grafico - Michele Levis . Bologna

Comunicazione - Giorgio De Luca . Montebelluna TV

Collaboratori - Marco Stacchini . San Miniato PI

Concept del progetto/evento 
Una luce innovativa, rappresentata dal talento e dalle creazioni di giovani designer, sarà accolta in uno spazio espositivo dal valore storico, i cui spazi sono permeati di architettura e design.
Un insieme di opere scelte tra diversi designer per creare un percorso, per raccontarvi una storia, grazie alle emozioni suscitate dalla loro creatività.
Un allestimento in una location appositamente pensata e cercata per stabilire un equilibrio armonioso tra lo stile del passato dell’atelier e la contemporaneità delle opere presentate dai giovani designer.

Storia del luogo
Al terzo piano dello storico palazzo della Assicurazioni Generali di via Rizzoli a Bologna è custodito un vero e proprio gioiello di architettura e design moderni: si tratta dell'ex Atelier Corradi ora Cavallo Spose, storica istituzione della città, progettato negli anni Cinquanta dall'estro visionario e innovativo di Enrico De Angeli, uno dei più grandi architetti bolognesi del Novecento. Perfettamente conservato negli arredi, l'atelier è uno degli esempi più notevoli di architettura Novecentesca, sottoposto per questa ragione al vincolo della Soprintendenza ai Beni culturali.

Designer ospitati 
Atanor / Passo 32  
Andrea Fantinato
Daniele Paoletti  
Elena Bergamini
Giancarmine Chiarello  
Giuliano Ricciardi
Kanz architetti  
Mario Alessiani
Massimiliano Natanni  
Mirco Montecchi  
Open* living solutions
Vittorio Lippolis

Partecipazione speciale
All’interno del percorso espositivo troverà spazio anche il design del Cile grazie alla partecipazione speciale della Scuola di Design dell’Università Finis Terrae di Santiago del Cile.
E’ la giovinezza la caratteristica che accomuna i designer ospitati durante l’evento e il design cileno, disciplina che ha visto gli esordi in Cile solo negli anni ’60 con la nascita delle prime scuole di design.
Sarà l’architetto Francisca Pulido a rappresentare il Cile e il prestigioso istituto universitario, illustrando lavori e progetti di studenti e giovani designer del paese sud americano.
Francesco Di Girlamo Quesney, direttore della Scuola di Design, ha voluto presentare personalmente la partecipazione di questo importante istituto alla Bologna Design Week all’interno dell’evento Attraverso la luce del tempo.
“La Scuola di Design dell’Università Finis Terrae, presenterà alla Bologna Design Week alcuni esempi del suo particolare modo di affrontare il processo di design, che si muove tra il mondo del pensiero e il concetto, fino allo sviluppo dell’espressione formale del prodotto, sempre situato in un campo specifico d’azione, immerso in un contesto contemporaneo.”



Bologna, luglio 2015



A questo punto che l'avventura abbia inizio...
Inutile dirlo, continuate a seguirci... 


lunedì 27 luglio 2015

scorciatoie per la comunicazione...

Scorciatoie da tastiera
+
scorciatoie comunicative


La comunicazione
non è fatta di copia e incolla
!!!

gdl

giovedì 23 luglio 2015

ancora una volta Franz Falanga e le invarianti in architettura


Più e più volte su questo blog abbiamo ospitato il tema delle invarianti in architettura. Dico ospitato in quanto il fautore di questa teoria, promossa in primis da Bruno Zevi, è l'amico e architetto Franz Falanga
Sul blog trovate articoli, link e approfondimenti sul tema, scritti e pensati da e con Franz.
E' con le sue parole che oggi voglio presentarvi e segnalarvi un nuovo passo compiuto da Franz, un nuovo sito web dedicato proprio al tema delle invarianti in architettura.



Sono molto contento perché finalmente ho dato una veste informatica alla mia teoria sulle Invarianti nell’architettura. E’ un argomento che mi segue  da parecchi anni e che finalmente vede la luce online. Ho impiegato molto tempo, molti anni e molte mie forze per mettere a punto questa teoria, che adesso funziona benissimo.  Il problema ora è come farla camminare da sola per le vie della cultura architettonica italiana.

Il mio lavoro prende le mosse da un’idea brillantissima che nei primi anni settanta ebbe Bruno Zevi, uno dei pilastri delle cultura architettonica italiana, che era mio professore. Da qualche giorno questo sito è online e devo ringraziare per questo un mio carissimo  amico di lunga data, l’informatico Michele Zavarise della Digisystem, e, tra l’altro,  fisarmonicista jazz di vaglia.

L’indirizzo è facilissimo eccovelo qui: www.franzfalanga.it  Mi piacerebbe che con tutti i vostri comodi gli deste un’occhiata e che eventualmente  spediste il link  a qualche vostro amico o amica architetto. Le cose vanno coltivate e seguite, senza mai lasciarle da sole.
franz falanga

architetto Franz Falanga

lunedì 20 luglio 2015

Vie d'Acqua. La mostra di Bruno Gripari in anteprima

Un nuovo incontro, qualche giorno fa, con Bruno Gripari in occasione dell'allestimento della mostra Vie d'Acqua presso le Grotte di Oliero a Valstagna (VI).


Un incontro privato ed intimo,
un allestimento condiviso,
attimi di fatiche rubati,
confronti, incontri e disquisizioni
in un mix di sentimenti e sensazioni
durante una anteprima della mostra
tra colori, oro e acqua.

Percorrendo vie e respirando energia...
gdl

anteprima della mostra Vie d'Acqua di Bruno Gripari
foto di giorgio de luca . 2015

anteprima della mostra Vie d'Acqua di Bruno Gripari
foto di giorgio de luca . 2015

anteprima delle mostra Vie d'Acqua di Bruno Gripari
foto di giorgio de luca . 2015

anteprima della mostra Vie d'Acqua di Bruno Gripari
foto di giorgio de luca . 2015

anteprima della mostra Vie d'Acqua di Bruno Gripari
foto di giorgio de luca . 2015

anteprima della mostra Vie d'Acqua di Bruno Gripari
foto di giorgio de luca . 2015

anteprima della mostra Vie d'Acqua di Bruno Gripari
foto di giorgio de luca . 2015

anteprima della mostra Vie d'Acqua di Bruno Gripari
foto di giorgio de luca . 2015

anteprima della mostra Vie d'Acqua di Bruno Gripari
foto di giorgio de luca . 2015

anteprima della mostra Vie d'Acqua di Bruno Gripari
foto di giorgio de luca . 2015

anteprima della mostra Vie d'Acqua di Bruno Gripari
foto di giorgio de luca . 2015

martedì 14 luglio 2015

una particolare “mutazione” del design

Ho il piacere, ancora una volta di ospitare l'amico e architetto Franz Falanga, con una sua interessantissima riflessione sui cambiamenti del mondo del design dal titolo una particolare “mutazione” del design.



La storia dell’umanità è costellata da Mutazioni. Le mutazioni sono un fenomeno naturale di qualsivoglia gruppo sociale. Nell’ultimo secolo, il cosiddetto secolo breve, la frequenza delle mutazioni è aumentata notevolmente. Già questo notevole aumento, a sua volta, può essere ragionevolmente considerato  una Mutazione vera e propria.

Oggi vorrei parlarvi di una importantissima mutazione del Design italiano. Quando parlo del Design, intendo parlare della progettazione di oggetti commensurabili, utili all’uomo, di qualsivoglia dimensione, che vanno da una scatola di fiammiferi al restauro di una piazza di una metropoli e quant’altro.

Come si può agevolmente notare, il campo della creatività è notevolmente esteso ed esiste a vari livelli. Qui  entra in  scena la “creatività” che, come si sa, nulla ha a che fare con la “fantasia”. La fantasia è la capacità che ognuno di noi ha, quando, chiudendo gli occhi, “immagina” di trovarsi sulla Luna, nel Mare della Tranquillità. La creatività è invece la capacità di progettare e costruire quello che si è precedentemente fantasticato, per esempio un modulo lunare che poi allunerà nel mare di cui abbiamo parlato dianzi. 

La creatività italiana, nel campo del design, si è subito affiancata alla civiltà industriale, ormai abbondantemente  consolidata, alla fine del 1800. Non ho nessuna intenzione di scrivere una storia del design industriale in Italia. E’ mia intenzione invece parlare di una impressionante Mutazione che ha interessato particolarmente il campo del design italiano. Dal 1900 al 1945 la nostra creatività è stata notevole, si pensi alla “Topolino” della Fiat. Ma a me interessa, per non ampliare troppo il brano che sto scrivendo, parlare della rinascenza italiana nell’immediato dopoguerra, anche perché chiunque dovesse leggerci, dai grandicelli ai giovanissimi, certi celeberrimi oggetti del design italiano sono ancora salvati nella memoria collettiva. Penso, ad esempio, alla mitica Vespa della Piaggio, progettata dall’ingegnere Corradino D’Ascanio, uscita nel 1946, seguita a ruota, l’anno dopo, dall’altrettanto mitica Lambretta della Innocenti, uscita nel 1947, progettata dagli ingegneri Pier Luigi Torre e Cesare Pallavicini. I tre ingeneri, D’Ascanio, Torre e Pallavicini, guarda caso, erano tutti e tre ottimi ingegneri aeronautici. 

Non siamo ancora arrivati alla mutazione. Per poterla fra poco inserirla in un particolare scenario culturale italiano, ho pensato di elencarvi preliminarmente i grandi creativi del design italiano, così come mi sono venuti in mente a partire dagli anni cinquanta fino ad arrivare agli anni ottanta novanta, anno più anno meno. Tutto ciò lo userò come preambolo alla sua Mutazione.

Mi scuso per le molte omissioni che certamente noterete, peraltro dovute alla mia scadente memoria. Ed eccovi dunque una lista di nomi nell’ordine in cui mi venivano in mente, Si tratta di architetti e di designer che hanno rappresentato l’aristocrazia della creatività italiana dagli anni cinquanta fino all’ultimo decennio del secolo scorso, anno più anno meno.

Sto dunque ricordando a voi, gentili lettrici e gentili lettori, e a me, Ignazio Gardella, Salvatore Fiume, Lucio Fontana, Vincenzo Monaco, Amedeo Luccichenti, Marcello Nizzoli, Berizzi Buttè Montagni, Franco Albini, Luigi Caccia Dominioni, i fratelli Castiglioni, Bruno Munari, Pierluigi Spadolini, Franca Helg, Marco Zanuso, Alberto Rosselli, Gio Ponti, Enzo Mari, Dino Gavina, Carlo Scarpa, Ernesto Nathan Rogers, Enrico Peressutti, Michelucci, Roberto Gabetti, Aldo Rossi, Vittorio Gregotti, Isola, Canella, Umberto Riva, Giotto Stoppino, Lodovico Meneghetti, Leonardo Ferrari, Sergio Asti, Gae Aulenti, Cesare Cassina, Ernesto Gismondi, Ettore Sottsass, Afra e Tobia Scarpa, Cini Boeri, Joe Colombo, Mario Bellini, Adriana e Alessandro Guerriero , Alessandro Mendini, Lapo Binazzi, Franco Raggi, Michele De Lucchi, Alberto Alessi, e qui mi fermo.

Va immediatamente detto che in questo periodo storico, in TUTTE le città Italiane fiorirono degli straordinari negozi di arredamento che ospitavano il fior fiore del design italiano. Ricordo molto piacevolmente che questi negozi erano visitati con grande interesse dagli architetti del luogo e da persone che apprezzavano il bello nelle sue migliori espressioni formali e funzionali.

Fin qui la normalità dunque, se, per nostra comodità, così vogliamo chiamarla.
Un bel giorno però avvenne che, quasi contemporaneamente, scaddero moltissimi brevetti delle grandi marche dei celebrati costruttori di oggetti per l’arredamento, per cui il risultato fu che ogni fabbrichetta improvvisata o fabbrica non proprio dedicata all’argomento, iniziarono a produrre mobili che non erano altro che la brutta copia dei mobili fin ad allora ammirati ed esposti nei magnifici e coltissimi negozi di cui sopra. Ho visto poltroncine di Le Corbusier e oggetti di altri formidabili designer, ridotti a  bruttissime copie degli originali.

A questo fenomeno si unì poi un’idea brillante che entrò di taglio nell’immaginario collettivo per poi comodamente sistemarsi di largo, idea che “eccitò” la fantasia di molti “artisti” (sarebbe meglio chiamarli artistoidi), che con l’arte non avevano nulla a che fare. Costoro, infatti, proclamarono ai quattro venti che il design, tout court, apparteneva di diritto all’Arte. In questo furono assecondati da critici d’arte senza scrupoli, che, per esempio, fecero di tutto per cancellare nei loro studenti la domanda delle cento pistole che consisteva nel chiedere ai prof quale fosse il “ruolo” dell’artista nel mondo contemporaneo.

Su questo brutto momento si potrebbero e si dovrebbero  scrivere importanti lavori dedicati. L’affermazione che il design ormai apparteneva di diritto alla categoria dell’arte, fece proliferare una infinita infinità di orrori, parlo, ad esempio, di improbabili sedie che a tutto servivano tranne che a poter essere utilizzate come sedie, letti che tutto erano tranne che letti, per non parlare di oggetti di uso comune che avevano improbabili forme e inesistenti funzioni. Tutto questo “nuovo” era avallato dai soliti critici d’arte ed esteti del momento.

La MUTAZIONE si era finalmente appalesata, nel senso che i nomi dei creativi, che vi ho dianzi elencato, furono rapidamente dimenticati, i negozi di arredamento diventarono polverosi e non più frequentati da specialisti e da amanti del bello e del giusto costruttivo, per cui, nel giro di pochissimo tempo, questi magnifici negozi sparirono dalla circolazione.

Iniziarono sulle televisioni pubbliche e private (e ancora continuano) a furoreggiare spot pubblicitari televisivi orrendi e, come dire, elaborati da persone e artisti che avevano dentro di sé il vuoto pneumatico.

Un ramo importante dell’inscape, del paesaggio interno, per intenderci, era stato ahimè cancellato e il vuoto che si era prodotto fu rapidamente riempito dalla bruttezza e da espressioni e slogan gaglioffi che con “l’arte e con il design” nulla avevano da spartire.

Frattanto, nella stesso periodo, stiamo parlando della fine del novecento, veniva allo scoperto il malgusto che ormai si era impossessato anche dei piani alti della politica, lasciando il passo a cialtroni e guitti di ogni risma. E così il cerchio si è chiuso e la Mutazione si è definitivamente consolidata. 

franz falanga


1947 . Vespa

Olivetti . MC24 Marcello Nizzoli
  
Olivetti . Lettera22

Castiglioni brothers . Lampada Taccia

Olivetti Underwood . Programma101

sabato 11 luglio 2015

Comunicare l’architettura e il design

Mi sono più volte soffermato a pensare al tema del comunicare l’architettura e il design.

Mi piace affrontare questo argomentare scomodando e citando Bruno Zevi, che nel 1973 scriveva il libro “Il linguaggio moderno dell’architettura” edito da Einaudi. Nella premessa, dal titolo “parlare architettura”, Zevi spiega l’assenza di una codifica per l’architettura ad eccezione del classicismo. “Senza una lingua, non si parla” esprime categoricamente nella prima parte mentre conclude così la premessa al testo “Questo lavoro ha l’ambizione di ogni atto eretico: suscitare il dissenso. Se innescherà uno scontro, avrà raggiunto lo scopo: anziché parlare sino al tedio di architettura, finalmente parleremo architettura.

Bruno Zevi

Certo l’argomento trattato da Zevi è decisamente più ampio e riguarda non tanto la comunicazione bensì il linguaggio architettonico, inteso come atto progettuale.
Nonostante questa diversità di argomento, la citazione sopra riportata mi ha portato a partire con la mia riflessione da un assoluto e cioè che l’architettura e il design siano essi stessi comunicazione. L’architettura comunica le funzioni, gli spazi, un sistema urbanistico, edilizio e sociale fatto di luoghi che interagiscono tra loro e persone che li vivono.
Il design comunica usi, abitudini e costumi di utilizzare gli spazi e gli oggetti che in essi sono contenuti e che ci circondano.

Le nostre vite sono in continua relazione con gli spazi che ci ospitano e con gli oggetti che ci circondano e che utilizziamo. Ma ogni spazio, ogni oggetto, ogni forma, ogni colore assume importanza in relazione all’assolvimento di una specifica funzione, alla risoluzione di un problema come ci ha insegnato Bruno Munari, il cui fine ultimo è quello di migliorare la qualità di vita.

Problema > Soluzione
Bruno Munari

I vari elementi che formano un edificio o un oggetto, la luce, la forma, la tecnologia, i materiali diventano essi stessi strumenti di comunicazione, un linguaggio figurativo che trasmette sensazioni ed emozioni alle persone che li vivono. Va da se che comunicare architettura e design significhi comunicare queste relazioni vitali tra uomo ed edificio, tra uomo e oggetto di design.

Tale comunicazione credo ruoti obbligatoriamente attorno al tema delle necessità.
Vi è innanzitutto la necessità da parte del pubblico di avvicinarsi e comprendere i prodotti, siano essi edifici o oggetti, con il cui processo evolutivo hanno poca familiarità, capirne il senso, la funzionalità, l’estetica, il modo di utilizzo.
Allo stesso tempo progettisti, architetti e designer sentono la necessità di trasmettere da dove nasce una singola idea, sentono il bisogno di spiegare il pensiero e la filosofia che c’è dietro ad ogni singolo progetto.
Infine vi è la necessità commerciale di parlare di architetti e designer, dei loro prodotti e delle loro opere, siano esse di architettura o di design, per poter vivacizzare i diversi mercati e canali di vendita, oltre che far crescere la conoscenza e la cultura di queste due discipline.

E’ Luciana Ravanel, titolare dell’agenzia Ante Prima Consultants di Parigi, esperta in promozione e comunicazione di architettura e design, a venirci in aiuto per districarci su tali temi.
In una recente intervista* sul tema del comunicare l’architettura, di cui consiglio la lettura completa, rispondendo ad una domanda sul perché la comunicazione sia un veicolo prezioso per l’attività dei progettisti risponde “Comunicare significa potersi esprimere, instaurare un dialogo diretto con i committenti, difendere le proprie idee. Bisogna saper comunicare a vari livelli e a diversi interlocutori – al pubblico, ai committenti, alla stampa – e bisogna essere efficaci con tutti...”.

pubblicazioni edite da Ante Prima

Comunicare l’architettura e il design risponde quindi all’esigenza di dare visibilità a idee, progetti e progettisti, raccontando storie di uomini, edifici e oggetti. Questa comunicazione ha però un ruolo più profondo, un ruolo educativo per fornire a chiunque gli strumenti finalizzati alla creazione di una capacità di lettura, analisi ed elaborazione di immagini, idee, progetti, prodotti.


giovedì 9 luglio 2015

un attimo di disattenzione ed eccomi a Tomba Brion

La calura estiva, 
la voglia di un momento di tranquillità,
qualche minuto libero tra un appuntamento e l'altro nell'asolano,
un attimo di disattenzione,
ed ecco che la macchina mi guida ancora una volta


E qui, immerso nella quiete, l'incontro con un architetto greco e uno spagnolo a parlare di angoli nascosti e particolari del complesso monumentale Brion. A svelare loro piccoli segreti conosciuti nel tempo da tante persone che a diverso titolo hanno lavorato e studiato su Tomba Brion.



Qualche scatto disattento e poi di nuovo in fuga...

gdl



Tomba Brion . luglio 2015
foto di giorgio de luca

giovedì 2 luglio 2015

Per fare un tavolo ci vuole il legno…

 
  
Tempo, natura e pazienza. 

Queste sono le parole chiave del lavoro di Gavin Munro, un designer inglese che ha avuto la brillante idea di coltivare mobili. Si avete letto bene, coltivare.


I suoi prodotti di eco design infatti non sono prodotti da una fabbrica ma sbocciano e crescono in un campo di circa un ettaro in Inghilterra. Munro applica alcune tecniche che ha studiato per alcuni anni alle piante riuscendo a far crescere alberi che prendono la forma di mobili di design ecologico, ricavandone sedie, tavoli e lampade. Il tutto senza l’utilizzo di apparecchiature elettriche e quindi con un processo produttivo ad energia zero. 


Grazie all’applicazione di particolari supporti, innesti e stampi da lui studiati e realizzati, il designer inglese segue la crescita di differenti specie di piante riuscendo a dare a tronchi e rami la forma da lui desiderata. 
Ogni albero, crescendo, si trasforma in un oggetto unico nel suo genere, a metà tra il mobile di design e l’opera d’arte.


Vi ricordate la canzoncina che tutti abbiamo cantato da bambini “per fare un albero, ci vuole il legno…”, beh Munro l’ha trasformata in realtà!