martedì 29 aprile 2014

Bari, il Borgo Murattiano e alcune riflessioni nate dalla lettura del libro di Franz Falanga

Ne approfitto per raccontarvi la mia lettura del libro BARI IL BORGO MURATTIANO  1813 - 2013 dell'architetto Franz Falanga, in quanto si è trattato di una lettura a mio avviso un po' particolare..


Non appena compresa la logica del libro, e nello specifico il racconto vocale e non visivo che l'architetto Falanga fa del Borgo Murattiano, ho fatto un mio personale esperimento. 
Premetto che non conoscevo minimamente Bari, la sua architettura e la sua urbanistica.
Procedendo con la lettura del libro mi sono immaginato il Borgo Murattiano ed ho provato a schizzare la zona definita nel libro come il "quadrilatero" e contemporaneamente ho provato ad immaginare questo borgo. Ho poi confrontato lo schizzo e gli scorci immaginati con la foto aerea della città grazie ai vari strumenti presenti nel web e con alcune foto fornite dall'architetto Falanga, avendo la piacevole sorpresa di aver immaginato abbastanza correttamente gli stili e le “dinamiche” urbanistiche ed architettoniche presenti nel borgo.


Questo a conferma di quanto possa essere forte il racconto se vi è un minimo di preparazione da parte di chi ascolta!

Da questa lettura sono successivamente scaturite alcune riflessioni sul territorio in cui vivo e sono cresciuto, le cui dinamiche evolutive ed urbanistiche appaiono così distanti dai meccanismi di trasformazione di Bari.

Ritengo che quanto accaduto a Bari Vecchio ed al Borgo Murattiano, possa essere replicato un po’ ovunque, dalle grandi città ai piccoli paesi. Ovunque il boom demografico, il miracolo economico e la piccola edilizia, hanno creato i presupposti per rovinare il patrimonio edilizio, che in passato godeva quantomeno di una maggiore ricerca stilistica, bella o brutta che fosse. In secondo luogo in molte occasioni oltre al singolo patrimonio edilizio si è passato a rovinare anche l’assetto urbano ed urbanistico molte volte presente da centinaia di anni, in virtù di lottizzazioni, tangenziali e nuove strade con il solo risultato di un’espansione dell’abitato e del costruito non organico e non pensato e progettato.
Dico ciò perché noto anche nel piccolo paese di provincia dove son cresciuto molti esempi di questo meccanismo.
Si trovano affiancati infatti in più punti del paese, case liberty, case povere di inizio secolo, le cui tipologie erano legate o ad uno studio stilistico o alle tipologie costruttive rurali (non c’era studio ma c’era stile e sostanza), a palazzine in cemento armato tipiche dell’edilizia speculativa. Potremmo disquisire su tale argomento ancora per molto, trovando in ogni dove esempi a sostegno di questa situazione.

Ho trovato inoltre un’affinità particolare con una città a me molto cara: Venezia. La città lagunare si è nel tempo svuotata per riempire il dormitorio di Mestre, mentre quest’ultimo ha preso col tempo la connotazione di città, dove si intrecciano attività residenziali, commerciali, di servizio.
Sostengo da tempo che a Venezia il turismo non basta, deve tornare la vita quotidiana e le attività professionali di ogni tipo anche al di fuori del circuito turistico.

Ancora una volta devo ringraziare Franz, per la possibilità di riflessione scaturite dai suoi testi e dalle chiaccherate fatte insieme.
Questa volta l'occasione è particolarmente ghiotta anche per salutarlo al rientro dal lungo viaggio nel suo Messico...
Bentornato Franz!

mercoledì 23 aprile 2014

Soundscape


"Una microannotazione a margine, riguardante la lettura e la descrizione scritta di un’architettura è la seguente: durante questa accurata osservazione della natura artificiale, sono stato particolarmente aiutato dal metodo usato dall'inglese Gordon Cullen padre della classificazione a varie scale di analisi di un qualsivoglia territorio: Inscape (paesaggio interno), Townscape (paesaggio urbano), Landscape (paesaggio territoriale). In certi particolari momenti e luoghi si potrebbe aggiungere anche il Soundscape (paesaggio sonoro).
Venezia, per esempio, è adattissima a questa maniera di leggere l’ambiente urbano. Penso al rumore dei passi delle persone nelle calli veneziane nei momenti topici dell’andata e dell’uscita dal lavoro, il rumore dei vaporetti che attraccano e partono dai vari imbarcaderi, con tutti gli effetti Doppler del caso. Per quanto riguarda il Soundscape c’è un esempio emblematico nella Tomba Brion del quale parleremo più avanti, quando entreremo nel corridoio che porta allo spazio privato della Tomba Brion e, contemporaneamente nel cimitero pubblico vero e proprio di San Vito di Altivole.”

Durante la lettura di questo libro, incontro per la prima volta il termine Soundscape, quanto meno non ho ricordi di averlo letto altrove, nonostante il concetto lo abbia trovato molte volte.

L’esempio emblematico nlla Tomba Brion di Scarpa di cui si parla, e per me di rara bellezza, è il suono sublime del vetro azionato a baionetta e che chiude la zona privata della Tomba Brion. Un suono bellissimo e sublime.
Il Soundscape di Venezia è dato dal rumore dei passi della gente che la mattina va in centro a lavorare, provenendo da Piazzale Roma e dalla Stazione, dal rumore delle frenate e l'inserimento della marcia indietro nell’acqua dei vaporetti quando stanno per attaccare, dal silenzio di certe calli e campi. E poi chissà cos’altro…

Questa lettura e riflessione sul Soundscape mi ha fatto tornare alla mente un vecchio progetto che mi era balenato per la mente e cioè quello di prendere un registratore e raccontare le città, i paesi attraverso dei suoni. 

Chissà se prossimamente riuscirò a fare qualcosina... 

Stay tuned!!!
gdl