venerdì 29 novembre 2013

Intervista a Franz Falanga

Francesco Falanga, detto Franz, è un personaggio poliedrico. Architetto, musicista e scrittore.  

architetto Francesco Franz FalangaLaureato a Venezia in architettura con il prof. Giuseppe Samonà, durante la straordinaria stagione in cui lo stesso Samonà, Carlo Scarpa e Bruno Zevi, protagonisti della cultura architettonica italiana del novecento, insegnavano all’IUAV di Venezia.

E’ stato professore nella cattedra di Elementi di architettura e urbanistica all'Accademia di Belle Arti di Venezia e ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Bari. Ha sempre combattuto contro la cancellazione del senso della storia che produce più danni di una guerra specialmente alle ultime generazioni.

In occasione della presentazione ad Asolo del libro Le invarianti della TombaBrion di Carlo Scarpa (Aurelia edizioni) di cui è autore insieme al fotografo Andrea Fantinato, ho avuto modo di intervistare l’architetto Franz Falanga e di conoscere il suo modo di pensare ed interpretare l’architettura.

presentazione libro Le invarianti della Tomba Brion. Franz Falanga e Andrea Fantinato
Un momento della presentazione del libro ad Asolo

Lei ha vissuto accanto ed in contemporanea ad architetti come Samonà, Scarpa e Zevi. Come era l’architettura di allora e cosa vi è di diverso nell’architettura di oggi?
F.F. L’architettura non è cambiata, continua ad evolversi, sono cambiati gli architetti, parecchi dei quali in peggio, nel senso che le grandi imprese da costruzione ormai li hanno schiacciati. Ovviamente non tutti, ma parecchi sì. Le nuovissime generazioni hanno trovato un muro davanti a loro, muro formato dai cosiddetti palazzinari, che stanno praticamente cementando quello che resta di questa nostra povera Italia. La loro strategia (dei palazzinari) è sempre la stessa. Acquistano fette di terreno agricolo, sempre più grandi, e, miracolosamente, con l’ausilio di amministrazioni comunali affamate di danaro, oplà fanno diventare queste zone da agricole ad edificabili. Il gioco è fatto, si edificano in continuazione mostri, è facilissimo trovare chi firma questi progetti, che poi, una volta realizzati,  restano spesso senza inquilini sul territorio. La spiegazione è che non interessa alle imprese che i palazzi siano abitati o meno, l’importante è che sorgano, perché subito dopo vengono valutati da periti compiacenti. Una volta valutati,  entrano evidentemente nel patrimonio fondiario del palazzinaro il quale li esibirà quindi come garanzia per le eventuali richieste di liquido alle banche. Il circuito si è chiuso e l’economia è diventata finanza. Una moltitudine di architettini e tecnici vive così all’ombra di questi cementificatori di professione. Faccio notare che, contro questa cementificazione, diverse fette della pubblica opinione fanno sentire la loro voce, penso per esempio agli ambientalisti. Stranamente non si ascolta la voce delle facoltà di architettura, degli architetti e dei loro ordini professionali.

Che cos’è per lei l’architettura?
F.F. L’architettura è la modificazione formale del territorio. Sulla natura naturale viene costruita la natura artificiale. Già da questa osservazione si può immaginare  quanta cautela debba mettersi in opera per aggiungere qualcosa a una realtà già esistente. Da questo meccanismo non si scappa.

L’architettura deve rispondere a due elementi primari: forma architettonica (intesa come insieme di forme, colore, armonia) e funzione? Quale la priorità tra queste due elementi? Come riuscire a farli convivere?
F.F. Vitruvio diceva che l’architettura, per essere tale, deve rispondere a tre precise caratteristiche: FIRMITAS, VENUSTAS, UTILITAS. La Firmitas è la Robustezza, la Venustas è la Bellezza, L’Utilitas è l’Utilità, nel senso che, prima di tutto,  deve riparare dal caldo e dal freddo tutti coloro che vi si trovano dentro.

L’architettura deve svolgere un ruolo sociale? Se si, quale?
F.F. Il benessere fisico e morale di chiunque la abiti.

Lei, se interpreto bene, è un comunicatore. Attraverso le svariate attività comunica se stesso, le sue passioni, i suoi credo. Quanto è importante raccontare e comunicare l’architettura e più in generale l’arte?
F.F. E’ facile rispondere a questa domanda. Se non esistessero l’architettura e, più in generale l’arte, la vita sarebbe veramente una miserabile cosa.

Grazie
F.F. A lei per l’ospitalità. 

Franz Falanga architetto e Andrea Fantinato designer e fotografo
Franz Falanga in compagnia di Andrea Fantinato





















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